Ulisse: la vita e' adesso, il viaggio e' sempre
Musa, quell'uom di multiforme ingegno |
Meglio di no non voltarsi mai quando si va via |
E' Ulisse quel ragazzino spocchioso intelligente curioso intraprendente che vuole sapere del mondo vivere le avventure che tanti sognano immaginano leggono cantano dipingono riprendono registrano guardano in un tubo catodico destinato a scomparire con l'avvento di quelle tecnologie nuove... che non sono piu' future.
Jimmy, il tuo Leopold Bloom, ebreo dublinese per giunta non credente o praticante, nasce gia' nella condizione di esule, inetto alla maniera di Svevo, straniero tra la sua gente: come puo' essere lui l'Ulisse moderno?
Fin dal primo mito omerico, Ulisse ha rappresentato simbolicamente il viaggiatore, colui che si muove per soddisfare la propria conoscenza del mondo, uomo dominato dallo spirito di avventura e dall'irrequietezza di vita. Con Pascoli l'Ulisse diventera' piu' intimista, rivolto all'ascolto di se'; D'Annunzio incontra l'eroe ormai vecchio, ma sempre con la tempra del giovane avventuriero, incarnatasi ora nel superuomo; lo stesso Saba e' colui che ha navigato e attraversato molte terre, sentendosi sempre spaesato ed ovunque anelante al viaggio, richiamato continuamente dal mare. Alle esperienze di costoro deve aver attinto Baglioni, viaggiatore fermo dentro un Hangar, autore del brano che apre, in contrapposizione ed a completamento dell'incipit dell'Odissea di Pindemonte, questo breve articolo. Ah, si, stiamo parlando di quel Claudio Baglioni delle canzonette perche' e' dalla musica che inizia il viaggio nel mondo dei ragazzi di oggi.
Ecco quindi che il personaggio-tema Ulisse si trasforma nel tempo e nello spazio, compiendo un lungo percorso, acquisendo connotati piu' profondi e complessi, assumendo su di se' un'inquietudine esistenziale problematica, rappresentando uno stato interiore che va al di la' del semplice anelito al cambiamento: una condizione di vita, l'aspirazione alla ricerca di un senso dell'esistenza iniziato trai consiglieri fraudolenti e mai sopito.
E se e' vero, come e' vero, che neanche Dante Alighieri uomo del suo tempo, viaggiatore curioso e attento, comprende appieno l'odissea di Odisseo, personaggio dell'epica antica che sopravvive a se stesso, a lui possono far riferimento i lettori di tutte le epoche. Ed ecco che l'opera si eleva ben l'oltre la cronistoria degli eventi per divenire spunto di continua riflessione e confronto. Non ha piu' senso la sequenza temporale perche' tutto si dematerializza liberando il flusso di coscienza, il monologo interiore tanto caro al moderno figlio di Joyce, privandoci delle maschere pirandelliane, avvicinandoci alla destrutturazione stilistica del romanzo sveviano.
Lo maggior corno de la fiamma antica, che parte avendo come meta la sua casa, ci fa rendere presto conto che l'importante non e' dove si sta andando ma come si va. Ecco che l'attenzione si sposta dalla destinazione al viaggio per poi arrivare al viaggiatore... perche' se stai fuggendo da un luogo e' perche' vuoi fuggire da te stesso e da te stesso non puoi scappare mai.
Ulisse vive un'esistenza immortale da secoli, attraversa ogni spazio ed ogni tempo; la sua avventura si ripete ed il viaggio continua ancora: ha toccato le terre piu' lontane e sconosciute, e' salito verso l'infinito dello spazio, ha visitato le pieghe misteriose dell'universo, cammina con gli uomini di tutti i tempi, viaggiatori del loro destino, verso mete sempre nuove. Da lontano ci insegna a non fuggire i problemi, a saper accettare le verita', perche' spesso conoscere e' soffrire, ma ci ammonisce a non rinunciare mai alla consapevolezza di se' e del mondo circostante. E' la grande lezione di chi seppe diventare eroe perche' seppe essere uomo.
L'uomo che cerca la strada del ritorno affrontando un percorso interiore alla scoperta di se stesso: molti dentro del cor sofferse affanni, come Foscolo cantore, che ricorda Ulisse lontano dalla sua Zante, anelando a raggiungerne le sponde senza arrivare mai, perche' e' durante il viaggio che nel cor gli parlera' lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto a vita raminga, causa di cotanta eredita' meravigliosa. Eredita' di noi, ragazzi di domani.
Eredita' arricchita dal contributo unico di Primo Levi, finito senza colpa nell'inferno di Auschwitz, che fa parlare Ulisse da un diverso inferno come fosse uno squillo di tromba, la voce di Dio. La possibilita' di opporre al perverso tentativo nazista di distruggere la dignita' umana, un ideale alto e nobile di uomo, dimostra come la letteratura conservi valore di consolazione ed anche di sfida alla bestialita' umana.
Se troppo spesso vedendo cio' che non ci piace vorremmo fuggire, l'Ulisse di Levi ci dice di cambiare il mondo per cambiare il nostro destino. Non si parla di rivoluzioni, guerre o azioni estreme ma di un percorso interiore alla ricerca di noi stessi. Percorso che Primo Levi fa con il compagno Pikolo (Jean Samuel) sforzandosi di ricordare a memoria i versi di Dante per conservare la propria identita' di essere umano: il Lager, infatti, cancella ogni traccia della personalita' dei prigionieri, annulla il loro esistere come uomini, li abbassa a bestie. Nel dialogo con Pikolo, il Nostro scopre significati e sfumature che leggendo il libro nella vita civile gli erano sfuggiti e rimane sorpreso dal senso universale dei versi
Considerate la vostra semenza:
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute e canoscenza.
Nelle parole di Dante, nei pensieri di Ulisse, Primo e' finalmente tornato a casa, almeno per un istante, tornato ad essere uomo.
Questo ci riporta al momento in cui Odisseo mette piede sulla sua isola: un lieto fine che non e' un lieto fine perche' tornare in quella casa non e' concludere ma iniziare, combattere per riconquistare cio' ch'e' nostro di diritto. Vincere la spersonalizzazione cui porta la burocrazia degli interessi economici e delle liberta' violate. Ed e' qui che appare, in tutto il suo splendore, il Kafka del Processo, ebreo anch'egli; e se nella costituzione europea si volevano riconosciute le radici religiose e' perche' viviamo dove si ripete all'infinito che i valori crollano, mentre sono piu' spesso le persone a crollare sotto il peso di una societa' creata per migliorare le condizioni di vita ma che denota l'incapacita' umana di organizzare il proprio autogoverno.
Abitanti di una modernita' senza luce, dobbiamo rifiutarci di essere i visitatori piu' spenti nella storia del mondo; in tutti noi c'e' qualcosa di speciale ma spesso e' cosi' sepolto dalla vita che ce ne dimentichiamo e sprechiamo tempo a cercarlo in mete somiglianti a cio' cui aneliamo, somiglianti in apparenza ma diverse nella sostanza, somiglianti ma non uguali, come una lacrima ad una goccia di pioggia.
Joram Marino - Dicembre 2004